martedì 30 aprile 2013

Elezioni Comunali Campi Bisenzio 26/27 Maggio 2013


Elezioni comunali  Campi Bisenzio
26 / 27 Maggio 2013
Nella sede del comitato elettorale di Campi Bisenzio, abbiamo incontrato il candidato Sindaco, Dott. Paolo Gandola, è sostenuto,
dal PDL, dalla lista civica " Uniti per Campi" Brunella Breschi, dalla lista Toscana Granducale.
Il candidato Sindaco Dott. Paolo Gandola al centro, il Sig. Leo Campagni  candidato a consigliere comunale per il PDL,  il Geom. Luigi Cartei responsabile della lista e candidato Toscana Granducale,
il Cav. Mauro Mazzoni candidato a consigliere comunale per Toscana Granducale.
Il candadato sindaco Dott. Paolo Gandola, la candidata a vice sindaco la sig.ra Brunella Breschi della lista civica "Uniti per Campi" Brunella Breschi, il candidato a consigliere comunale per la lista Toscana Granducale Cav. Mauro Mazzoni.
Un interno del comitato elettorale Gandola Sindaco.
Via Rucellai, 14 - Campi Bisenzio
www.gandolasindaco.it


sabato 27 aprile 2013

Venezia, il 25 aprile non è stata una “carnevalata”

 
di PAOLO AMIGHETTI*
Ieri pomeriggio, un nutrito gruppo di veneti si è dato appuntamento all’ombra del campanile di piazza San Marco. Gonfalone in spalla, foulard marciano al collo, i patrioti hanno ricordato il loro Santo patrono, lasciando che dei fantasmi dell’antifascismo si occupassero i media nazionali. Il 25 aprile, in Veneto, rimane la festa di San Marco.
Non è stata la carnevalata dei “nostalgici della Serenissima” dipinta dalle agenzie di stampa, benché del Carnevale Venezia sia la patria. Quella di ieri è stata una manifestazione pacifica e civile: i partecipanti non sono riusciti a invadere l’immensa piazza, è vero, ma ad unirli, oltre agli stendardi marciani, era il sollievo di riconoscersi finalmente come una comunità legata da valori un po’ più solidi del mito di Garibaldi e un po’ più sinceri dell’amore per il tricolore. Questo slancio vale molto più del delirio di qualsiasi folla oceanica, e, sia detto per inciso, se l’Ansa parla di cinquecento “nostalgici” è lecito immaginare ce ne fossero un paio di più.
Insomma, festeggiare San Marco ha significato dimenticarsi per un pomeriggio tutte le grane dell’italianità; è stata un’occasione di “fare gruppo” e dare al contempo una rumorosa manifestazione di entusiasmo. I convenuti hanno tuonato tributi al loro Santo (“Par tera, par mar San Marco!”) e dato sfogo agli sfottò più bonari (“Chi non salta italiano è!”), sorvegliati a vista da pattuglie di carabinieri. Questi hanno lasciato fare, data l’atmosfera serena e vivace, e quando un mio amico ha chiesto loro cosa pensassero di un Veneto indipendente, si sono tenuti sul vago. Un vero esempio di imparzialità governativa. La loro presenza, ad ogni modo, ha ricordato ai presenti (ce n’era bisogno?) che il Veneto gode di libertà provvisoria; e se c’è una cosa su cui i venetisti concordano è che al Leon marciano si debba strappare al più presto la catena. Un successo di questo 25 aprile, infatti, è stato il fortunato coinvolgimento di tutte le forze politiche a sostegno dell’indipendenza: nonostante i litigi e le frecciate tra Indipendenza Veneta e Veneto Stato ieri erano in piazza sia Lodovico Pizzati sia Antonio Guadagnini, e militanti di ambo le formazioni, fianco a fianco, hanno fatto a gara a chi gridava più forte “Indipendenza!”. A far loro compagnia sono giunti alcuni lombardi, sicuri che, se i veneti scappano di mano al governo di Roma, seguiranno presto tutti gli altri. Alcuni turisti stranieri hanno chiesto alla nostra “delegazione” lombarda per quale motivo avesse luogo la manifestazione: compreso che c’è in ballo un referendum per l’indipendenza, si sono mostrati concordi a che i veneti decidano del proprio futuro. Forse la semplicità e il buonsenso delle proposte hanno prevalso sul loro educato stupore dinanzi a quei “matti” col gonfalone. Tra un coro e l’altro, qualcuno si è chiesto con un pizzico di sarcasmo dove fosse Luca Zaia: e su Facebook già si discute dell’assenza di rappresentanti del partito padano. Ingiustificata, o giustificata forse dal fatto che alla dirigenza della Lega non interessa, in fondo, patrocinare feste come quella di San Marco. Non le interessa più di quanto non importi ai papaveri del Pdl o del Pd.
Eppure, in un paio di stand del Pd ad affiancare la bandiera di partito c’era il gonfalone. E dire che i democratici, in Consiglio regionale, si sono opposti duramente alla Risoluzione 44: più risolutamente degli stessi loro compagni estremisti, più cocciutamente di qualche “fascista” di centro-destra. Com’è strano il mondo.
In collaborazione con “Diritto di voto”

Fonte:   http://www.lindipendenza.com/

mercoledì 24 aprile 2013

Rete tradizionalista delle Due Sicilie



 
RETE TRADIZIONALISTA DELLE DUE SICILIE

 
 L'attore costitutivo
 al Museo Archeologico di Napoli 
 
Napoli
sabato 27 aprile
ore 17
Sala del Toro Farnese

domenica 21 aprile 2013

L’ALTRO RISORGIMENTO: EMIGRAZIONE E BRIGANTAGGIO 27 aprile a Pescara

5475_4575551346407_1384931199_nDi Chiara Foti 02 aprile 2013
La prossima iniziativa dei Comitati Due Sicilie si terrà a Pescara in data 27 aprile. I CDS infatti saranno ospiti del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” dove si terrà per gli studenti la conferenza dal titolo “L’ALTRO RISORGIMENTO: EMIGRAZIONE E BRIGANTAGGIO: rilettura del processo di unificazione Italiana”, in collaborazione con l’Associazione Fontevecchia.
Moderatore della conferenza sarà il giornalista Luciano Troiano, interverrà poi Raimondo Piccinella, referente provinciale dei CDS per Pescara, che affronterà il tema dal punto di vista storico. Di seguito Roberto Della Rocca, Direttore Responsabile de Il Giornale del Sud, parlerà del brigantaggio entrando nello specifico per la zona dell’Abruzzo. Sarà poi la volta di Chiara Foti, Coordinatore giovanile dei CDS, che parlerà delle motivazioni per cui ci si dovrebbe avvicinare alla rilettura della storia e introdurrà le iniziative legate all’acquisto di prodotti del Sud. Infine ci sarà l’intervento di Fiore Marro, Presidente Nazionale dei CDS, il quale presenterà l’Associazione e i suoi scopi. Sarà interessante osservare la reazione dei ragazzi in una zona di confine del vecchio Regno delle Due Sicilie, dove la storiografia, più che in altre zone ha cancellato l’appartenenza al suddetto.

Fonte: http://www.comitatiduesicilie.it/cds1/?p=1674

L’accordo fra Serbia e Kosovo apre la strada Ue alla Catalogna


di STEFANO MAGNI
Serbia e Kosovo hanno raggiunto un accordo sulla “normalizzazione” dei loro rapporti, con la benedizione dell’Unione Europea. Se non si tratta di un riconoscimento dell’indipendenza kosovara da parte della Serbia, poco ci manca. E l’Unione Europea, che in questo decennio annovera ben pochi successi e moltissime frustrazioni, non vedeva l’ora di definirlo un risultato “storico”, che potrebbe porre fine a 10 anni di ostilità armata e 14 di alta tensione.
L’accordo è stato firmato lo scorso 19 aprile dai premier delle due parti: Hashim Thaci per Pristina e Ivica Dacic per Belgrado. “I negoziati sono conclusi – ha commentato l’Alta Rappresentante europea Catherine Ashton – Il testo è stato sottoscritto da entrambi i primi ministri. Voglio congratularmi con loro per la loro determinazione in questi mesi e per il coraggio che hanno avuto. E’ molto importante che ora abbiamo quel che consideriamo un passo avanti rispetto al passato e, per entrambi, un passo avanti verso l’Europa”.
In base all’accordo il Kosovo viene, di fatto, diviso su linee etniche. Le municipalità del Nord, a maggioranza serba, godranno di ampia autonomia. Si formerà, all’interno del Paese autoproclamatosi indipendente, una “Comunità di Municipalità” a maggioranza serba. Si tratterà di una comunità aperta: anche altri comuni potranno chiedervi l’adesione, previo referendum e loro accettazione da parte sia di Pristina che di Belgrado. La Comunità sarà creata per legge costituzionale (abrogabile solo con una maggioranza qualificata dei 2/3). Solo un referendum delle municipalità interessate potrà scioglierla. La Comunità avrà sue competenze esclusive, quali: sviluppo economico, istruzione, sanità, pianificazione urbana e rurale, più competenze aggiuntive che dovessero essere delegate dalle autorità centrali. La Comunità avrà un ruolo di rappresentanza presso le autorità centrali e avrà un posto nel consiglio consultivo delle comunità. La polizia rimarrà unita in un solo corpo per tutto il Kosovo. Ma nel territorio della Comunità delle Municipalità, dovrà essere costituita e comandata da agenti di etnia serba. Anche la magistratura sarà una sola e opererà nel quadro giuridico del Kosovo, ma verrà costituita una Corte d’Appello a parte (con sede a Mitrovica) a maggioranza serba per giudicare i casi all’interno della Comunità. Un serbo che dovesse subire una condanna discriminatoria da una corte albanese, dunque, avrebbe sempre la possibilità di ricorrere in appello a Mitrovica, dove verrà sempre giudicato in base al diritto kosovaro, ma da giudici plausibilmente meno carichi di pregiudizi.
Entro il prossimo 26 aprile sarà stilato dalle due parti un calendario di attuazione di questo primo accordo. Continueranno, invece, le trattative per la suddivisione di energia e telecomunicazioni.
In base al patto firmato ieri, Belgrado e Pristina si impegnano solennemente a non ostacolarsi l’una con l’altra nel processo di integrazione europea.
Il principio che regge l’accordo è il federalismo. Sulla carta, se il Kosovo fosse la Svizzera di oggi, funzionerebbe perfettamente. La Svizzera ha già attraversato e superato la sua fase di conflitto civile più di un secolo e mezzo fa. Il suo sistema, calato nella realtà kosovara, dove i serbi del Nord (temendo l’annientamento) sono ancora sul piede di guerra, l’accordo potrebbe saltare in men che non si dica. Un punto critico è costituito dalla polizia comune, ma etnicamente divisa. Inevitabilmente si arriverà a conflitti fra ufficiali e agenti serbi e albanesi, se la struttura rimarrà la stessa. Basta attendere che una delle due parti disattenda l’ordine dell’altra…
Anche la formula adottata per la magistratura è pericolosamente instabile. Si verrebbero a creare conflitti fra due corpi di magistrati etnicamente divisi, ma teoricamente uniti sotto lo stesso ordinamento. Il primo giudice serbo che assolverà un serbo condannato da un magistrato di primo grado albanese… o viceversa, potrebbe già creare la precondizione di una guerra civile. Soprattutto se il caso sarà grave, riguarderà una strage, la distruzione di un luogo-simbolo o, comunque, scalderà l’opinione pubblica, il conflitto sarà inevitabile.
Già che abbiamo fatto l’esempio della Svizzera: uno dei motivi per cui la Confederazione regge alla prova dei secoli è il suo carattere multinazionale, ma non etnicista. Nessuno parla di “giustizia per i tedeschi” o di “polizia per gli italiani”: c’è semplicemente una magistratura che giudica in base a norme condivise e una polizia che mantiene l’ordine, senza badare alla lingua parlata dagli agenti. Eppure, in Svizzera, italiani, tedeschi e francesi vivono sotto lo stesso tetto, senza combattersi da un pezzo. Il Kosovo, al contrario, è stato “diviso” in base alle etnie. E questa è sempre stata garanzia di conflitto (vedi Bosnia, vedi Croazia, vedi la stessa ex Jugoslavia, costituita da repubbliche etniche). Di fatto, quando la Nato se ne andrà definitivamente, rimarrà ben poco per tenere a freno le tendenze centrifughe delle due etnie.
Il principio seguito dall’Unione Europea, sulla carta, è corretto: si prende atto che un Paese è diviso e si provvede a ritagliare spazi di autonomia per la minoranza. Ma con questo negoziato ha dimostrato ancora una volta di non saper andare fino in fondo: avrebbe potuto creare un’enclave serba e chiedere alla popolazione locale se avesse preferito dichiarare l’indipendenza o restare nel Kosovo. Un referendum è già stato fatto (e ignorato) e risultava una vittoria degli indipendentisti quasi al 100%.
Tuttavia, che a Bruxelles se ne rendano conto o meno, il punto più importante dell’accordo è l’ultimo: l’impegno di Belgrado e Pristina a non ostacolarsi a vicenda nel loro percorso di integrazione nell’Ue. Se i precedenti hanno un senso, in base a questo principio, Madrid non dovrà più ostacolare l’eventuale domanda di adesione della Catalogna all’Ue. Né l’Inghilterra lo potrà fare con la Scozia. I veneti e i lombardi, in Italia, prendano nota.

Fonte:
 lindipendenza.com/laccordo-fra-serbia-e-kosovo-apre-la-strada-ue-alla-catalogna/
 

giovedì 11 aprile 2013

Amhed, il combattente siriano di 8 anni

6.4.13
In Africa c’è la piaga dei ‘bambini soldato’, ad Aleppo li chiamano ‘combattenti’

di Patrizio Ricci

Il quotidiano britannico ‘The Telegraph’ ha diffuso, come tutte le principali testati on line, un video in cui, tra le rovine di Aleppo, nel quartiere Salahedddin, un bambino parla, seduto tra due ribelli siriani armati (uno è suo zio): un colpo di mortaio ha ucciso suo padre (combattente a seguito dell’Esercito Siriano Libero) e tutto il resto della famiglia. Amhed ha 8 anni; sigaretta in bocca e fucile AK7 in braccio, risponde alle domande e spiega: "Ho finito per aiutare mio zio ed i suoi compagni perché non ho altra scelta, non c'è scuola, la mia famiglia è morta, che scelta ho?".

Di fronte a questa vicenda i media italiani (compresi quelli cattolici) si sono mostrati come rassegnati all’ineluttabilità dei fatti: i commenti sono stati univoci e in quelle immagini di bambino ‘combattente’ hanno visto solo la ‘spavalderia della giovinezza, la vulnerabilità giovanile e la tristezza delle guerre che costringe i bambini a crescere troppo presto’. E’ una spiegazione che non convince e alla quale, come uomini, non possiamo rassegnarci. Ci vuole un giudizio chiaro: bisogna dire forte che esiste una terza via ed è quella del bene. Papa Francesco l’ha gridato forte nel messaggio pasquale rivolto alla Siria: “Quanto sangue è stato versato! E quante sofferenze dovranno essere ancora inflitte prima che si riesca a trovare una soluzione politica alla crisi?”. Il messaggio del Santo Padre non è rivolto ai soli religiosi: è l’unico criterio ragionevolmente valido per la salvezza di Amhed e per la Siria. Per quel paese oltraggiato si dovrebbe usare la stessa tenerezza che si usa per un bambino, anzi per un bambino orfano (a chi ha visto solo brutture ed ha perso entrambi i genitori non metti in mano una granata come nel filmato e non dici di sparare ad altri uomini).

Si tratta di cose semplici da comprendere, persino banali: è possibile allora che il Thelegraph e gran parte dei principali media italiani si siano dimenticati di come ci si prende cura di un bambino e si siano allineati alle giustificazioni della guerriglia? Improponibile riportare di ‘sana pianta’ esclusivamente le giustificazioni fornite dai ribelli: “I bambini sono usati solo per fare il tè, per i rifornimenti, per contrabbando e compiti logistici”. E’ noto che i dati sono di altro segno: secondo un recente rapporto di Human Right Watch, sono centinaia i bambini al di sotto dei 14 anni addestrati dall’opposizione armata e inviati a combattere. E’ prassi conosciuta, ma ‘silenziata’: la guerra non si combatte solo sul campo di battaglia ma purtroppo coinvolge (consapevolmente o inconsapevolmente) anche l’informazione, spesso usata per formare un’opinione pubblica favorevole alle decisioni dei governi.

Non è stato detto, ma bisogna dirlo e chiaramente: usare i bambini sul capo di battaglia è un crimine di guerra. Usare bambini al di sotto dei 18 anni è proibito dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, nonché dalla risoluzione 1261 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che accoglie interamente lo Statuto della Corte Penale Internazionale, secondo cui “è un crimine di guerra la coscrizione e l’arruolamento di bambini di età inferiore di 15 anni o la loro utilizzazione per la partecipazione attiva alle ostilità, sia in conflitti armati interni che internazionali e sia che essi vengano impiegati da eserciti regolari o da milizie armate”. Questo vuol dire che di fronte alla legge internazionale chi ha messo le armi in mano ad un bambino ha compiuto un reato perseguito severamente dalla giustizia internazionale. Al cospetto di un bimbo che di fronte alla violenza ed all’omicidio dice ‘non ho scelta’ un uomo adulto che tace, o addirittura insegna solo la via della vendetta , è colpevole di ‘disumanità’.

In Siria esempi di pace e metri di terra redenta e riconciliata ci sono ancora e sono esempi a cui guardare (come i maristi e le suore carmelitane di Aleppo); sono tutte quelle realtà che offrono, pur con sempre con maggiore difficoltà, aiuto e sostegno ai profughi ed ai bambini come Amhed. Ci siamo informati direttamente con il Vicariato cattolico di Aleppo e abbiamo appreso che nella città la ‘Casa di Gesù operaio’ accoglie molti orfani e vittime di questa guerra fratricida; sono realtà che i governi occidentali (presi soprattutto a fomentare ulteriormente la guerra) dovrebbero sostenere direttamente e che dimostrano che un’altra via è sempre possibile. Abbiamo bisogno di simili esempi di carità e umanità nuova: non è vero che lo scempio e la rovina siano inevitabili. Anche un bambino orfano può trovare nuovi padri, se questi padri guardano ad una speranza più grande della vendetta e della sopraffazione. A molti, anche qui da noi, sembra essere sfuggito. 
 
Fonte: La Perfetta Letizia

sabato 6 aprile 2013

Agordo (BI), bene il primo dibattito sulla risoluzione 44

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Si è concluso nel migliore dei modi il primo incontro di questa tornata provinciale per il movimento indipendentista. Nella confortevole sala dell’albergo Due Angeli, alla presenza del Segretario Nazionale Pizzati, si sono affrontati i temi che danno credibilità e sostanza al progetto: l’appoggio alla legislazione internazionale, gli esempi di avvenuta applicazione in Europa, le prossime scadenze referendarie di Scozia e Catalogna, la risoluzione 44 del Consiglio regionale veneto, la commissione di esperti appena insediata su mandato del Governatore regionale, le continue azioni di supporto sul territorio veneto ed a Bruxelles, le prospettive.
Infine dopo un breve excursus sul potenziale scenario socio-economico di un Veneto indipendente, la ciliegina sulla torta è giunta con la presentazione dell’Ordine del giorno che verrà sottoposto all’approvazione dei consigli comunali regionali a supporto dell’indizione della tornata referendaria per l’indipendenza: primo comune Castellavazzo del Sindaco Franco Roccon, presente alla serata.
Miglior viatico per questa serie bellunese di incontri davvero non si poteva auspicare. Prossimo incontro a Zoldo Alto, lunedì 8 aprile alle 20.45 nella sala congressi comunale.
Massimo Vidori
Indipendenza Veneta Belluno

Fonte:  http://www.lindipendenza.com/agordo-bl-bene-il-primo-dibattito-pubblico-sulla-risoluzione-44/


 

lunedì 1 aprile 2013

Separiamoci! Da Napoli la proposta secessionista di un assessore

 
di REDAZIONE
Sala gremita, quella della Biblioteca Nazionale di Napoli che ha accolto tra le sue mura pregne di storia e di umanità la presentazione del nuovo libro di Marco Esposito dal titolo “Separiamoci”. L’autore è impegnato nelle vesti di Assessore alle attività produttive al Comune di  Napoli e ha svolto l’attività giornalistica legata a materie di economia. Il suo, quindi, costituisce un infallibile punto di vista con cui affronta la questione delicata e prioritaria del molteplice divario tra Nord e Sud.
“Separiamoci”, un messaggio forte ed inequivocabile, che non lascia spazio ad altre interpretazioni se non quella propria dell’uomo politicamente impegnato e anche profondamente meridionalista aperto e sensibile a certe tematiche di spiccato interesse collettivo e tanto attuali seppur risalenti. Infatti, l’autore rispolvera con minuziosità e scrupolo i vari governi che hanno accompagnato il percorso storico dell’Italia a partire dalla tanto ambita Unità fino ai giorni nostri. Fondamentalmente, tutti accomunati da una carente attenzione per la causa del Mezzogiorno che, man mano, è andato incontro ad un collasso di risorse e servizi per l’incombente pressione fiscale, primo punto sostanziale di non equità con il Nord.
L’esempio del costo delle assicurazioni per responsabilità civile, lievitato a dismisura, è davvero eloquente e lampante. “Tra le sostanziali differenze tra le due estremità della penisola, ce n’è una di comportamento perché in un paese che vuol dirsi tale si utilizzano tutte le risorse ovunque siano, è inaccettabile che il governo proponga di togliere le borse di studio al Sud e in base alla residenza frenando di fatto lo sviluppo di talenti e quindi anche l’interesse di tutti. Non è possibile che si muova un attacco alla mozzarella di bufala, una delle tante eccellenze del nostro territorio. Quindi, il mio è un separiamoci da queste politiche assurde, ma anche come paese proponendo la costituzione di una macroregione dal nome Mediterranea. E’ un’idea fattibile e anche conveniente – continua l’Assessore Esposito – perché restando in Europa con una moneta nazionale, con la libertà al movimento e come successo tra Slovacchia e Repubblica Ceca, ma anche altrove, si può maggiormente essere fieri delle risorse radicate nel proprio territorio”. “Questa è l’ennesima occasione per riflettere sulle condizioni del nostro Mezzogiorno, infatti nel libro si fa un attento esame delle vere problematiche presenti sul territorio e in ultima battuta si accede all’ipotesi solo ventilata di separarci dal Nord – così interviene il Direttore della Biblioteca di Napoli Mauro Giancapro – mentre secondo l’addetto stampa Lydia Tarsitano “Marco Esposito in questo titolo ad effetto ha voluto senz’altro avanzare una proposta attuabile prendendo le distanze dagli ultimi governi che hanno creato solo ostruzionismo nei confronti del Sud, territorio pieno di risorse e potenzialità non valorizzate e sfruttate abbastanza come il territorio dei Campi Flegrei, la penisola sorrentina. L’auspico – conclude – è quello di cambiare registro e funzionalità affinché si attui un rilancio definitivo del Mezzogiorno d’Italia”.
Il titolo del libro vuole essere anche un’esortazione che l’autore rivolge ai propri concittadini affinché non perdano l’ultimo barlume di speranza da continuare ad alimentare con la voglia di riscatto. Non mancano, per dovizia di cose, sfumature politiche poiché la tesi sviluppata dall’Assessore è quella che racchiude la possibilità fattibile e dai tratti inevitabile di ritornare ad un Sud indipendente (federalismo o scissione) contemplando l’istituzione di una macroregione centrale che lui chiama Mediterranea. In tale ipotesi estrema vi è una provocazione da esternare soprattutto alla classe dirigente affinché si mobiliti per la creazione di un rinnovato patto sociale più equo tra Nord e Sud.
In presenza dell’autore Marco Esposito, del direttore della Biblioteca Mauro Giancaspro, dell’ufficio stampa della Biblioteca Lydia Tarsitano, dell’onorevole Isaia Sales e del governatore della Campania Stefano Caldoro, i giornalisti Emilia Sensale e Antonino Fiorino per una nuova puntata della loro rubrica “Non c’è Sensale senza Fiorino” hanno seguito l’intero incontro ascoltando anche i protagonisti.
IL VIDEO CON L'AUTORE DEL LIBRO